TITOLO DEL PROGETTO
Identificazione di determinanti genetici nelle forme familiari dei carcinomi tiroidei
RESPONSABILE
Prof. Sebastiano Filetti
OBIETTIVI
Nell’ambito della collaborazione tra la Fondazione Umberto Di Mario ONLUS e la Banca d’Italia, è stato realizzato nel corso del 2011 il progetto di ricerca “Identificazione di determinanti genetici nelle forme familiari dei carcinomi tiroidei”.
PREMESSE
I carcinomi differenziati della tiroide di derivazione dall’epitelio follicolare (CDT) rappresentano circa l’1,5% delle neoplasie maligne. Dati epidemiologici provenienti dai Registri Tumori internazionali documentano un progressivo aumento dell’incidenza di queste forme tumorali in tutte le aree del mondo. La mortalità è stimata tra l’8 e il 10% dei casi, ma può essere più alta se si considerano le sottoclassi di tumori più aggressive.
E’ esperienza comune nei Centri di riferimento per la cura della patologia oncologica tiroidea il riscontro in alcune famiglie di una più alta frequenza di CDT. Tali nuclei familiari tipicamente presentano 2-4 membri affetti. Questa osservazione di derivazione dalla pratica clinica trova conferma in diversi studi. In particolare, la prevalenza delle forme familiari sarebbe intorno al 3-7% dei tumori maligni tiroidei. Rispetto alle forme sporadiche, quelle familiari sono caratterizzate da una maggiore frequenza di tumori che infiltrano i tessuti peri-tiroidei e metastatizzano a livello dei linfonodi del collo; hanno un più alto tasso d recidiva; presentano una più bassa età di insorgenza. Si tratta cioè di forme dal comportamento più aggressivo. Inoltre, i parenti di primo grado dell’affetto sembrerebbero avere un rischio 5-9 volte più alto di sviluppare la stessa patologia tumorale. Sono stati condotti diversi studi per cercare di capire quale fosse la modalità di trasmissione di queste forme familiari di DTC e quali alterazioni genetiche fossero responsabili della loro comparsa. Sono stati identificati 3 distinti loci di suscettibilità: il locus TCO sul cromosoma 19p13.2, il locus PRN1 sul cromosoma 1q21 e il locus NMTC1 sul cromosoma 2q21. Tuttavia, questi risultati non sono stati replicati in studi successivi su nuclei familiari indipendenti. I limiti maggiori di queste esperienze di ricerca sono rappresentati dal fatto che: 1) ciascuna di esse comprendeva solo una famiglia o al massimo un numero limitato di casi; 2) talora sono stati utilizzati criteri poco stringenti per la diagnosi di CDT familiare; 3) tali forme rappresentano probabilmente un’entità clinica/genetica distinta ma eterogenea, che necessità una riclassificazione in sottogruppi più omogenei da un punto di vista clinico ed istologico. Sono molte, pertanto, le domande aperte ancora in attesa di risposta: le forme familiari di CDT sono un’entità o delle entità cliniche distinte? Come possiamo riconoscerle? Qual è il rischio dei membri sani della famiglia di sviluppare il CDT? Questi ultimi dovrebbero essere sottoposti a programmi di screening, e se sì a partire da quale età?
SCOPO DEL PROGETTO
Obiettivi del presente progetto erano:
- caratterizzare da un punto di vista fenotipico le forme familiari di CDT al fine di definirne la presentazione clinica e l’aggressività;
- identificare sottogruppi di CDT familiari che presentino caratteristiche omogenee di malattia;
- stabilire se c’è un’anticipazione genetica;
- stimare il rischio di neoplasie maligne tiroidee ed extratiroidee nei parenti di primo grado non affetti;
- identificare le alterazioni genetiche responsabili della suscettibilità al CDT familiare;
- correlare i risultati dell’analisi genetica con le caratteristiche cliniche dei tumori (correlazione genotipo-fenotipo)
I risultati dello studio hanno contribuito ad una migliore comprensione della patogenesi delle forme familiari di carcinoma tiroideo, permettendo una migliore gestione sia dei pazienti affetti sia dei familiari sani. Grazie alla conoscenza delle alterazioni genetiche, è stato cioè possibile stabilire qual era il rischio di insorgenza della patologia nei membri di una stessa famiglia e qual era il grado di aggressività del tumore. E’ stato inoltre possibile mettere a punto un appropriato metodo di screening ed acquisire informazioni utili alla definizione di terapie personalizzate (terapie molecolari mirate).
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
Lo studio è stato articolato nelle seguenti fasi:
Fase 1. Reclutamento ed inclusione dei pazienti e dei familiari non affetti
1. Sono state incluse famiglie con almeno 2 componenti affetti da carcinoma tiroideo di derivazione follicolare (papillifero, follicolare, a cellule di Hürthle, anaplastico, varianti). Il protocollo di studio è stato sottoposto all’approvazione del comitato etico e ad ogni paziente o familiare non affetto è stata richiesta la sottoscrizione del consenso informato. Sono state individuate 26 famiglie con CDT familiare. Complessivamente sono stati individuati 63 soggetti affetti e 134 familiari apparentemente sani che hanno dichiarato la disponibilità ad entrare a far parte dello studio. Altre famiglie identificate nel corso di svolgimento della presente ricerca sono state incluse nello studio.
2. Sono state escluse dallo studio le famiglie nelle quali è stata accertata la coesistenza del carcinoma tiroideo con associazioni sindromiche che invalidano la diagnosi di CDT familiare quali poliposi adenomatosa familiare; Sindrome di Garnder; sindrome di Cowden; sindrome di Werner; Carney complex. Inoltre, poiché alcune sindromi avrebbero potuto comprendere l’associazione con lo sviluppo di carcinoma tiroideo, sono stati anche esclusi i soggetti appartenenti a famiglie in cui sia stata accertata una delle seguenti patologie: MEN1; sindrome di McCune-Albright; sindrome di Peutz-Jeghers.
3. E’ stato preparato un database dei pazienti comprendente i seguenti elementi: dati anagrafici ed area di provenienza, età alla diagnosi, istotipo, dimensioni, uni/multifocalità, grading, staging, TNM, trattamento/i radiometabolico e follow up post chirurgico, decorso clinico (assenza, persistenza/ripresa di malattia), eventuali patologie tiroidee preesistenti o associate.
4. E’ stato elaborato un database dei familiari non affetti comprendente i seguenti elementi: dati anagrafici ed area di provenienza, eventuali patologie tiroidee neoplastiche.
5. Sono stati preparati gli alberi genealogici delle singole famiglie.
Fase 2. Analisi genetica
1. Preparazione di DNA genomico da polimorfonucleati dei soggetti affetti e dei familiari che hanno aderito allo studio;
2. Il DNA dei pazienti affetti e dei familiari non affetti è stato sottoposto a Whole-Genome screening, utilizzando un pannello di markers microsatelliti forniti da fonti qualificate (Cooperative Human linkage Center, Perkin Elmer), con eterozigosi >70% e distanziati ad intervallo di 10 cM. Ciascun campione di DNA è stato sottoposto a PCR ad appropriate temperature di denaturazione, annealing ed estensione, in presenza di dCTP marcato a fluorescenza. Un pool dei prodotti fluorescenti ottenuti per ciascun template è stato sottoposto ad analisi di sequenza. I risultati individuali sono stati trasferiti su un database e preparati per l’analisi di linkage.
Fase 3. Analisi dei risultati
1. Per l’analisi segregazionale, si sono determinati i rispettivi LOD scores calcolati con differenti livelli di penetranza, assumendo sia il modello dominante che quello recessivo. Un LOD score >/=1.9 è stato considerato suggestivo di linkage e un LOD score >/=3.3 è stato considerato indicativo di linkare significativo. Poiché non può escludersi eterogeneità genetica, e/o ereditarietà complessa e per effettuare l’analisi di trasmissione a bassa penetranza, è stata utilizzata la nonparametric multipoint analysis, sull’assunzione di eterogeneità per tutti i 23 cromosomi.
2. E’ stata verificata l’eventuale correlazione del/dei genotipo/i identificato/i con le caratteristiche cliniche (età alla diagnosi, istotipo, dimensioni, uni/multifocalità, grading, staging TNM, assenza, persistenza/ripresa di malattia, eventuali patologie tiroidee preesistenti o associate).
Il progetto si è svolto presso i laboratori del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università di Roma “Sapienza”, sotto la guida del Prof. Sebastiano Filetti, Professore Ordinario di Medicina Interna, che vanta una lunga esperienza nel campo della ricerca clinica e di base sui tumori tiroidei.